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Avv. Emunctae Naris
(pseudonimo)   [A medico, confessore e avvocato / niente bisogna tenere celato].

Pronunciandosi su una vicenda che vedeva imputato del reato di omesso versamento IVA, commesso da una società estera con sede in Londra, il rappresentante fiscale ex art.17 DPR 633/1972, la Cassazione – con sentenza n. 26356 del 18.06.2014 – ha affermato il principio secondo cui la responsabilità di quest’ultimo comprende anche quella penale ed è irrilevante che l’imputato non svolga alcuna attività nella società, né che si interessi della gestione, in quanto l’assunzione di responsabilità deriva dall’accettazione della nomina.Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, è opportuno ricordare che all’interno del quadro normativo comunitario e nazionale, il rappresentante fiscale ai fini IVA svolge un ruolo fondamentale per l’assolvimento degli obblighi di soggetti residenti all’estero, per le operazioni effettuate in Italia, in assenza di stabile organizzazione. Il soggetto non residente – comunitario o extracomunitario – che effettua nel territorio dello Stato operazioni rilevanti ai fini IVA, può adempiere ai relativi obblighi o esercitare i relativi diritti nominando un rappresentante fiscale residente nel territorio dello Stato oppure identificarsi direttamente. L’art. 17 del decreto Iva, stabilisce che il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi relativi all’imposta sul valore aggiunto. Con la risoluzione n 66/E/2002, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il rappresentate fiscale Iva, è direttamente responsabile nei confronti del fisco, solo per le operazioni per le quali, è considerato debitore d’imposta. Di conseguenza il rappresentante fiscale rimane comunque responsabile direttamente, nei confronti del fisco, per l’Iva dovuta in conseguenza dell’operazione posta in essere dal rappresentato per il suo tramite. In definitiva al rappresentante Iva viene attribuita una soggettività passiva parziale, limitata alle sole operazioni che il mandante estero pone in essere per il suo tramite. Tanto premesso, con la sentenza in esame, la Cassazione è stata chiamata ad affrontare il problema se la responsabilità del rappresentante fiscale in Italia di una società estera ricomprende anche quella penale in ordine al reato di omesso versamento IVA. In particolare, condannato in primo ed in secondo grado, l’imputato, nella predetta qualità, aveva sostenuto ricorrendo in cassazione, che la tesi dei giudici di merito secondo cui la responsabilità del rappresentante fiscale in Italia di una società estera ricomprenda anche quella penale in ordine al reato in contestazione non fosse corretta. Tale tesi sarebbe destituita di fondamento, in quanto il rappresentante fiscale potrebbe rispondere penalmente soltanto nel caso in cui sia provato un suo concorso nel reato posto in essere dalla governance della società, che continua a mantenere il potere assoluto sulle scelte gestionali, finanziarie e fiscali. Secondo i giudici di merito, invece, il rappresentante fiscale verrebbe ad essere ritenuto responsabile penalmente sulla base di una previsione fiscal-tributaria per il solo fatto dell’accettazione di quella nomina. Ma l’art. 10 ter D.L.vo n. 74/2000 prevede una responsabilità penale a titolo di dolo e non di semplice colpa; peraltro, l’art.17 DPR 633/72 fa riferimento al rappresentante fiscale che è figura differente dal sostituto fiscale. Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non potrebbe essere responsabile penalmente il rappresentante fiscale che non sia stato messo dalla governance della società estera nella possibilità di effettuare il versamento IVA dovuto. La Cassazione ha, però, respinto il ricorso dell’imputato. In particolare, muovendo dalla norma dell’art.17 DPR 633/1972 (secondo cui gli obblighi ed i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto, relativamente ad operazioni effettuate nel territorio dello Stato da o nei confronti di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, da un rappresentante residente nel territorio dello Stato, il quale risponde in solido con il rappresentato degli obblighi in questione), gli Ermellini hanno considerato che l’art.10 ter D.L.vo 74/2000, a sua volta, sanziona chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale: come risulta quindi dal testo normativo la sanzione penale trova applicazione nei confronti di “chiunque”, pur essendovi obbligato, non provvede al versamento. E l’obbligo, per espresso disposto dell’art.17 sopra richiamato, incombe indubitabilmente anche sul rappresentante fiscale, il quale deve assolvere a tutti gli adempimenti previsti dalla normativa in materia di IVA ed In particolare al versamento dell’imposta (v., in senso conforme: Cass. Pen., Sez. 3, n. 35457 del 14/07/2010 – dep. 01/10/2010, L., in CED Cass., n. 248631, secondo cui il reato è configurabile anche nei confronti del rappresentante fiscale per l’Italia di società estere in quanto questi rappresenta l’unico Interlocutore, sia pure in solido, per le obbligazioni fiscali e doganali). Infine, conclude la Suprema Corte, è irrilevante che questi non si fosse concretamente interessato alla gestione della società e che non fosse autorizzato ad operare sul conto corrente della medesima, in quanto l’assunzione di responsabilità (in solido) derivava dall’accettazione della nomina: dalla volontaria accettazione di quella nomina scaturiscono, invero, gli obblighi di carattere fiscale di cui all’art.17 cit. e, in caso di violazione, le conseguenze di carattere penale ex art. 10 ter citato.

prestanome

 

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