La Corte di Cassazione conferma l’orientamento che pone l’onere della prova a carico dell’Amministrazione Finanziaria.

Il materiale probatorio, di cui viene lamentato l’omesso esame, è privo del carattere della decisività, perché inidoneo a provare la dedotta elusione dell’art. 123 del TUIR, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel regime previgente al 1 gennaio 1995, data di entrata in vigore della legge n. 724 del 1994, il cui art. 27 ha introdotto il principio di neutralità fiscale delle fusioni, qui rilevante ratione temporis – atteso che al comma 2 si stabilisce che le disposizioni del comma precedente, relative ai disavanzi di fusione, si applicano alle operazioni deliberate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge e nella specie le operazioni di incorporazione risalgono al 1993 – il menzionato art. 123 del D.P.R. n. 917 del 1986 consentiva l’iscrizione in bilancio, alla voce avviamento, del disavanzo di fusione per incorporazione da parte di una società che già possedeva l’intero capitale sociale dell’incorporata”.

Questo è quanto ha affermato la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con la sentenza n. 1233 del 22 gennaio 2014, che ha respinto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria che aveva contestato un abuso del diritto nell’ambito di un’operazione di fusione.
I giudici di legittimità sono nuovamente tornati a pronunciarsi in materia di elusione fiscale statuendo, con decisione che conferma, peraltro, l’orientamento di carattere generale in materia di onere della prova, che tale onere è a carico dell’Amministrazione Finanziaria.
Nel processo tributario, infatti, salvo particolari ipotesi, quali, ad esempio, le liti di rimborso, l’onere della prova spetta all’Amministrazione Finanziaria, e ciò anche nel caso dell’abuso del diritto.
Il suddetto onere viene assolto solamente quando l’Ufficio provi l’assenza di valide ragioni economiche, e, soprattutto, i motivi che inducono a ritenere che l’operazione sia finalizzata al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali.
Nello specifico, la controversia concerne un contenzioso originato dall’impugnazione di un avviso di rettifica ai fini IRPEG e ILOR notificato dall’Amministrazione Finanziaria ad una società che aveva incorporato altra società. Con tale avviso veniva contestata l’indebita deduzione dall’imponibile della quota di ammortamento annuale relativa al disavanzo da fusione.
In primo e secondo grado i giudici tributari accogliendo le doglianze della società ricorrente annullavano l’avviso di rettifica. Per il giudice d’appello “nell’operazione posta in essere dalla società contribuente non sarebbe ravvisabile un fine elusivo, che giustificherebbe l’applicazione del disposto dell’art. 10 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, non avendo l’Ufficio fornito prove adeguate in proposito”.

L’Agenzia delle Entrate proponeva, quindi, ricorso per Cassazione, basato su un unico motivo e la società contribuente presentava ricorso incidentale.
Ebbene, gli Ermellini, riuniti i ricorsi, li hanno rigettati entrambi, ritenendo insufficienti i dati raccolti dalla Guardia di Finanza, posti a fondamento dell’atto impositivo impugnato.
I giudici di Piazza Cavour, dunque, con la sentenza in commento, rafforzano l’orientamento giurisprudenziale in base al quale l’applicazione del principio dell’abuso del diritto deve essere guidata da una particolare cautela, “essendo necessario trovare una giusta linea di confine tra pianificazione fiscale eccessivamente aggressiva e libertà di scelta delle forme giuridiche, soprattutto quando si tratta di attività d’impresa”. Detta cautela deve essere “massima quando non si tratti di operazioni finanziarie, ma di ristrutturazioni societarie, soprattutto quando le stesse avvengono nell’ambito di grandi gruppi d’imprese”.
In conclusione, l’abuso del diritto si verifica nell’ipotesi di un utilizzo distorto o artificioso di una o più disposizioni di legge, precipuamente finalizzato ad ottenere vantaggi fiscali illegittimi o comunque contrari alle finalità perseguite dalla normativa tributaria e non tutte le volte che l’operazione sia risultata più vantaggiosa fiscalmente rispetto ad altre operazioni simili.

L’applicazione del principio dell’abuso del diritto deve essere guidata da una particolare cautela, essendo necessario trovare una giusta linea di confine tra pianificazione fiscale eccessivamente aggressiva e libertà di scelta delle forme giuridiche, soprattutto quando si tratta di attività d’impresa. Detta cautela deve essere massima quando non si tratti di operazioni finanziarie, ma di ristrutturazioni societarie, soprattutto quando le stesse avvengono nell’ambito di grandi gruppi d’imprese

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