Il reato di cui all'art. 10 ter del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 ha natura istantanea e si consuma nel momento della scadenza del termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo.

La Cassazione (sentenza n. 12248 del 14.03.2014) interviene con interessanti prese di posizione sul reato di cui all’articolo 10 ter del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, che punisce il mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine di versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo. In primo luogo, la Corte si sofferma sul soggetto attivo del reato. Si tratta, secondo la sentenza, di un “reato proprio”. Infatti, l’articolo 10 ter del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, pur indicando quale soggetto attivo “chiunque” non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, ha natura giuridica di “reato proprio”, in quanto la condotta illecita è integrabile unicamente dai soggetti IVA, imprenditori e lavoratori autonomi, che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi per le quali è dovuta l’imposta. Importanti sono le precisazioni sul momento consumativo. Si tratta di reato che ha natura istantanea e si consuma nel momento della scadenza del termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, cioè, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990 n. 405, il 27 dicembre dell’anno successivo a quello cui la dichiarazione annuale IVA si riferisce. Proprio da queste premesse, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, in una vicenda cautelare in cui l’accusa aveva prospettato la responsabilità degli amministratori di una società, mentre, invece, l’omesso versamento dell’IVA (alla data del 27 dicembre del successivo periodo di imposta) si era concretizzato quando la società era stata già commissariata. La Cassazione sviluppa, ancora, pertinenti osservazioni in ordine agli elementi oggettivo e soggettivo. Sotto il primo profilo, viene precisato che non si tratta di un reato con condotta di natura esclusivamente omissiva, bensì di un reato a condotta “mista”, in parte attiva ed in parte omissiva, in cui la componente attiva è riconducibile alla presentazione della dichiarazione annuale IVA da parte di chi è obbligato a tale adempimento, da cui emerga un debito di imposta superiore alla soglia di euro cinquantamila, mentre quella omissiva – su cui è incentrato l’intero disvalore della fattispecie- è rappresentata dall’omesso versamento dell’IVA liquidata dal contribuente nella relativa dichiarazione. A tal fine, per la consumazione del reato, il legislatore penale attribuisce rilevo al “termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo” [ossia, come si è accennato, al 27 dicembre dell’anno di imposta successivo a quello di riferimento (cfr. articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990 n. 405], discostandosi dal termine individuato dal legislatore fiscale (16 marzo), che rileva solo ai fini amministrativi. Da ciò deriva, secondo il giudice di legittimità, che il reato de quo non è configurabile a titolo di tentativo, in quanto, avuto riguardo alla parte di condotta penalmente rilevante (l’omissione), o il termine del 27 dicembre del successivo periodo di imposta, entro il quale si deve adempiere, è scaduto, ed allora il reato è già consumato, oppure il predetto termine non è ancora scaduto, ed allora il soggetto obbligato può ancora adempiere (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 14 ottobre 2010, PG in proc. Mazzieri). Quanto, poi, al dolo richiesto per la punibilità del reato (è sufficiente il dolo generico, non essendo necessario il dolo specifico caratterizzato dallo scopo di evasione per sé o per altri, richiesto, invece, per molte altre fattispecie del decreto legislativo n. 74 del 2000), questo richiede che il soggetto attivo con “coscienza e volontà” presenti una dichiarazione IVA e ometta il versamento entro il termine del 27 dicembre del successivo periodo di imposta delle somme in essa indicate a favore dell’erario; con la ovvia precisazione che tale elemento psicologico deve investire l’elemento costitutivo del reato costituito dal superamento della soglia di punibilità richiesta dalla legge, ciò che comporta che l’agente deve avere anche la consapevolezza che dette somme superino la soglia di euro cinquantamila; e con l’ulteriore conseguenza che del dolo va accertata l’esistenza, proprio in quanto non è configurabile il tentativo, nel momento in cui il reato si perfeziona, ossia alla data di scadenza ultima entro cui effettuare il versamento.

Avv. Emunctae Naris

(pseudonimo)   [A medico, confessore e avvocato / niente bisogna tenere celato].

 

(N.d.R.)   In sostanza,   se l'Amministratore riesce a mettere in liquidazione la Società o quantomeno a dotarsi di nomina di opportuna "testa di legno",  ante,  il 27 dicembre dell’anno successivo a quello cui la dichiarazione annuale IVA si riferisce…

non potrà essere condannato per il reato  sopracitato !!

 

 

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